lunedì 21 giugno 2010

Quando la bellezza E' per pochi

CHIERI - «Originali, creative, belle ». Sono tutti concordi i visitatori delle due mostre di Fiber art all’ex Tabasso e all’Imbiancheria. Peccato che siano stati in tanti solo il giorno dell’inaugurazione, come già successo in altre occasioni. Del resto non è stato fatto alcun investimento sulla pubblicità e tutti i soldi sono andati in costosissimi cataloghi finiti in altrettante poche mani, e nemmeno paganti. Il 22 maggio, data di apertura delle esposizioni, un folto pubblico certifica la qualità dei lavori esposti. Con il rovescio della medaglia, però: buona parte degli ospiti sono gli stessi artisti, amici, appassionati o esperti di Fiber art. Ad ammirare capolavori provenienti da tutto il mondo sono stati quindi pochi “addetti ai lavori”. E dove sono i curiosi, visitatori stuzzicati da un’arte così originale? Eppure, a sentire chi c’era, le due mostre valgono una visita: «Sono sculture dinamiche perché realizzate con il tessuto anziché con ferro o marmo – commentano Domenico Sasso e Cristina Marson, residenti a Trofarello – Sono opere molto creative e interessanti. Regalano emozioni differenti rispetto a un quadro: sono più “leggere” e spesso permettono di camminarci in mezzo ». A colpire di più i due trofarellesi della mostra “Comes from…” è la scultura “Zucca Regina” di Tegi Canfari, chierese e loro conoscente. Proprio l’artista spiega il significato della sua opera, una scultura in ferro a forma di zucca con all’interno un intreccio di fili e passamaneria: «C’è il riferimento alla fiaba di Cenerentola, infatti è stata pensata per essere esposta in un castello. Ho creato un connubio tra la parte maschile, rappresentata dal ferro, e quella femminile, realizzata all’interno con semi e passamanerie. Il concetto che voglio esprimere è la generosità della natura nel rinascere ogni volta e permettere nuova vita». Il collegamento tra elementi e, soprattutto, culture diversi è il filo conduttore tra tutte le opere esposte al polo culturale. Precisa Silvana Nota, curatrice della mostra allestita nella sala esposizioni della biblioteca,: «Tutti gli artisti indagano nel sapere di molte civiltà. Sono cittadini del mondo. Ed è proprio una caratteristica della Fiber art, sin dagli anni ’60, il desiderio di recuperare antiche tecniche e renderle contemporanee. Un esempio è la giapponese Makiko Kotani: ha studiato i metodi dei Maya per ispirarsi ma poi è andata oltre. E quelle radici rimangono nascoste all’interno dell’opera». Questo intreccio di stili e tecniche colpisce chi si avvicina alla Fiber art per la prima volta. E’ il caso del chierese Vito D’Andrea, uno dei pochi curiosi presenti, trovato dal cronista dopo molti tentativi: «Non sono un esperto, anzi: non ero mai andato a una mostra del genere. Ma mi piace l’arte e trovo positivo che a Chieri si organizzino questi eventi. Credo che si dovrebbe fare anche di più: visto che la tessitura è morta, dobbiamo investire sul turismo. Bisogna cercare nuove fonti di reddito e l’arte e la cultura possono essere una strada». D’Andrea si sofferma a osservare “Wedding Weil” della finlandese Leena Illukka: una lunga serie di immagini tratte da matrimoni, sospese in aria e collegate da perline, resina, filo da cucito e da pesca. Commenta: «E’ una bella opera però devo farmi spiegare come è stata realizzata». Il chierese visita per la prima volta anche l’Imbiancheria del Vajro, occupata da “L’arte dell’imperfezione. Segni, Simboli, Trame”, personale di Gina Morandini. A catturae l’attenzione del visitatore, però, è soprattutto l’esposizione permanente di macchine tessili d’epoca: «Il Comune deve insistere su questi temi con bambini e giovani: molti di loro pensano che i vestiti nascano in negozio. Invece bisogna far conoscere loro la storia di Chieri e del tessile». La personale della Fiber artist è divisa in due spazi: da una parte ci sono gli “abiti scultura” e le grandi installazioni in ferro dove potersi addentrare; dall’altra un ciclo di opere dedicate al corpo umano. Racconta l’autrice: «Sono diversi periodi del mio lavoro: c’è quello del metallo, nel quale però utilizzo le antiche tecniche dell’intreccio tessile. Poi c’è il momento dedicato all’abito, inteso come simbolo che ci rappresenta e nel quale ci rispecchiamo. E’ il caso del trittico dedicato ai tre momenti della donna: sposa, coniugata, vedova». Intervengono Fabio Paolini e Maria Vittoria Castaldello: «Il bello di queste mostre é l’utilizzo di materiali inusuali. Sono particolarmente belle le opere di Gina Morandini perché innovative, con abbinamenti ed effetti particolari». La coppia arriva da Fano ma non si tratta di veri e propri visitatori: Castaldello, infatti, espone la sua opera “Inganno dell’attesa” al polo culturale. I due marchigiani applaudono alla scelta comunale di allestire delle mostre in luoghi storici del tessile chierese: «Non sapevamo che entrambe le sedi fossero delle vecchie aziende. Siamo rimasti colpiti anche dall’esposizione dei macchinari: è interessante unire la moderna Fiber art con gli scenari storici delle tessiture ». Approva la scelta della location anche il torinese Fulvio Ravera, appassionato di Fiber art: «Di solito questi luoghi sono trascurati e poco conosciuti. Invece bisogna incentivare le iniziative di questo tipo: non è arte solo un quadro di Picasso ma anche opere originali e di nicchia come queste».


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