lunedì 12 marzo 2012

Misteriose pennellate del Cinquecento in Duomo

CHIERI Un dipinto databile al secondo decennio del Cinquecento, opera di un ignoto artista di area provenzale. Sottoposto all’esame degli esperti comincia a raccontare qualcosa di sé l’affresco di Sant’Agata, i cui restauri sono stati inaugurati sabato in Duomo. L’opera si trova nella controfacciata, a destra del portale d’ingresso, in una sorta di sgabuzzino che fino a qualche mese fa serviva come deposito per le candele. «Ornava, quasi si trattasse di una pala d’altare, la cappella di Sant’Agata poi interdetta al culto nel 1584 perché fatiscente», specifica lo storico chierese Antonio Mignozzetti. La presenza dell’affresco è stata “intuita” da Pinuccio Brigante, factotum della parrocchia, e accertata dai restauratori del Consorzio San Luca, diretti dal chierese Michelangelo Varetto. Proprio Varetto e i suoi colleghi hanno poi restaurato l’affresco, grazie alla sponsorizzazione dell’associazione culturale chierese Carreum Potentia presieduta da Vincenzo Tedesco. «A consentire la datazione dell’opera sono alcune osservazioni sull’abbigliamento - commenta lo storico dell’arte Claudio Bertolotto - San Giuliano, che insieme a Santa Basilissa e Sant’Antonio abate compare al disopra della scena principale, ha un abito con scollatura diritta da cui spunta una camicia a pieghe fini. Inoltre indossa un cappello a tronco di cono rovesciato, tipico degli inizi del Cinquecento ».Risale allo stesso periodo anche il “giubbone a gonnella” di cui è vestito il carnefice sulla sinistra. Perché pensare a un artista straniero, come esecutore dell’opera? «Innanzi tutto per la luminosità dell’affresco, che definirei “mediterranea” - risponde Bertolotto - Ma ci sono anche altri dettagli: per esempio, alle spalle della Santa catanese, il paese affacciato sul mare che potrebbe evocare la Sicilia ». Da Roberto Toffanello, archivista del Duomo, arriva una curiosità: «Con i due ritratti scoperti nella cappella di Sant’Agata, salgono a undici i ritratti dei Santi Giuliano e Basilissa presenti in Duomo tra sculture, dipinti e ricami su stoffa. Basilissa, in particolare, è ritratta in modo inusuale, con un libro in mano: richiama la figurina in marmo a lato della grande icona marmorea del Sanmicheli, al fondo della navata destra».


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